Il posto dei pensieri in libertà! Il mio sito è dedicato all'attualità e agli spunti che essa offre di continuo.

La resilienza è quella tua alba tenace che non si spegne mai, anche quando l’inverno sembra lungo.
È il modo delicato ma deciso con cui continui a cercare bellezza, anche quando il mondo fuori la nasconde.
Mary Pullara
#albatenace

☆ADDA PASSÀ A NUTTATA!
Il due di Novembre, giorno dei Morti, mi svegliavo assonnata e sollevata nello stesso tempo: era passata la nottata più dura dell’anno…infatti non avevo chiuso occhio dal terrore.
Constatavo però di essere ancora viva e vegeta…veniva da lì il sollievo!
Perchè, per un bambino o bambina della mia città, transitare dal primo al due novembre era una specie di iniziazione alla vita adulta.
Capivi proprio allora cosa fossero i pensieri, le preoccupazioni, le angosce di cui avevi sentito lamentare i grandi.
Tutto ciò avveniva perchè, in occasione della festa dei morti, veniva architettata dagli adulti, o presunti tali, una situazione da film horror che coinvolgeva tutti i bambini, perfino i neonati. E ci dovevamo pure mostrare felici e soddisfatti, nonostante i brividi di paura che serpeggiavano in noi!
☆PAURA, EH?
Mi spiego meglio,
funzionava così:
avevi messo gli occhi su quella bambola così e cosà, in bella vista ai grandi magazzini?
Bramavi quella macchinina della polizia…sì, quella con la sirena assordante, che, appena incontrava un ostacolo, faceva dietro front?
Desideravi ardentemente questo e quello…tu, piccolo consumatore degli anni 70?
E allora, dovevi correre il rischio che i morti
(i tuoi morti sia chiaro…mica quelli altrui), qualora ti avessero sorpreso sveglio mentre ti portavano i loro doni, ti grattuggiassero i piedi!
☆IL GIURAMENTO SOLENNE
Era la vita nel giorno dei morti, bellezza! Quante volte ho sollevato la coperta e guardato i miei piedi, lì sotto, ignari di quello che li attendeva: mi
facevano tanta tenerezza.
Perchè, mi chiedevo, perchè proprio loro dovevano correre questo rischio?
Non trovando risposta e rimedio immediati, decidevo fermamente, anzi, giuravo solennemente al mio cuscino che avrei tenuto gli occhi serrati tutta la notte, qualunque cosa fosse successa.
Non potevo certo giocarmi i miei unici piedi!
E con cosa sarei andata l’indomani al cimitero?
☆2 NOVEMBRE: LA GENTE AL CIMITERO
Già, sì…il cimitero. Non c’era due di Novembre, giorno dei Morti, che non vedesse le famiglie della mia città schierate al completo e pure in ghingheri, per varcare la soglia del camposanto.
Tutti i bambini esibivano trionfalmente il frutto della propria malanottata:
bambole per le femmine, pistole per i maschi.
E poi ancora: piani cottura, difficilmente trasportabili al camposanto, biciclette, pianole, macchinine, elicotteri, archi e frecce.
Le bambine stringevano al petto le loro bambole, per renderle conscie del grande mistero della vita: oggi sei una bambola viva e vegeta, domani chissà: nenti semu! (Non siamo nulla)
Altri bimbi si armavano di pistola o fucile per fronteggiare, non si sa mai, qualche morto che, dopo le ben note scorribande notturne, non avesse fatto in tempo a tornare nella tomba.
Già…perchè i genitori, tutti i genitori della città e financo della regione, per renderci i nostri defunti simpaticamente vicini, ci raccontavano che costoro ci avrebbero riempito di doni in occasione della loro festa ma…attenzione: se ci avessero scoperti svegli durante la loro incursione notturna, ci avrebbero grattugiato i piedi!
Mi chiedevo il come e il perchè: non è poi così facile grattugiare i piedi di qualcuno!
Ma, evidentemente, chi non è più vivo un po’ nervosetto lo è… dunque si fionda sui piedi di chi lo è ancora e ha pure molte chance di continuare ad esserlo e…glieli grattugia a dovere. Non avevo mai chiesto se, per caso, dopo un po’ di tempo le parti grattugiate ricrescessero:
in certi casi, meglio non sapere.
☆GITA OLTRE-PORTA
Con gli occhi pesti mi preparavo, dunque, guardando con eroico affetto l’ennesima bambola arrivata nel corso di quella truce nottata…e dopo un po’ eravamo tutti e cinque in macchina, genitori e figli, per quella piccola gita già in programma dall’anno passato: non una gita fuori-porta ma oltre-la-porta del cimitero.
Appena ne varcavamo il cancello, mio padre cominciava a sollevare il proprio cappello, con fare ossequioso, decine di volte: a destra riposava un suo compagno di liceo, a sinistra lo zio di sua madre, a nord c’era suo cugino, a sud un suo caro operaio…e così via.
E, in quel riposo generale, io mi stremavo…
Perchè, è vero che mi ero risparmiata la grattugiata dei piedi, ma ora rischiavo seriamente di annientarmeli con quell’interminabile camminata tra le tombe, sotto il sole di novembre.
Si, perchè il sole del due di Novembre, giorno dei morti, non ci scherzava proprio: picchiava forte e imperterrito, peggio che ad agosto…
con la differenza che ora non potevi, date le circostanze, fare un bagno ristoratore in mare.
Alcune persone per la verità lo facevano: dopo il cimitero si precipitavano al mare.
Da noi funziona, o almeno funzionava così, prima che il clima impazzisse: era estate tutto l’anno. Un’estate dolcemente calda, moderatamente ventilata… affettuosamente carezzevole.
☆LO ZIO PEPPINO & CO.
Ogni 2 novembre, puntualmente, mi imbattevo in una piccola stele dedicata ad una bimbetta che era volata in cielo a neanche un anno di vita.
Mi faceva tanta tenerezza…lei era così piccola che non aveva certamente nipoti con cui adoperare la temutissima grattugia.
Anche per questo, la piccina raccoglieva tutta la mia simpatia. Poi c’era il giovane e bell’uomo andato via troppo presto.
Anche lui, secondo me, non rappresentava una minaccia per i piedi dei bambini.
Però, a parte queste considerazioni, mi tenevo alla larga dalle tombe di vecchi e anziani: magari avevano ancora lì l’arma del delitto…la maledetta grattugia!
Nel frattempo eravamo arrivati alla tomba dello zio Peppino, un uomo tanto distinto e serio, che firmava ogni anno qualcosa come un mare di carte.
No, anche lui non era da temere: troppo impegnato con tutte quelle scartoffie da firmare…per avere il tempo di grattugiare. Gli rivolgevo perciò uno sguardo colmo di gratitudine, mentre papà gli spolverava la foto con il suo fazzoletto candido…
e lo stesso faceva con gli altri inquilini della gentilizia: a tutti veniva spolverato il viso incorniciato.
C’era chi sorrideva,
chi era pensieroso, arcigno, sibillino, distante, rassicurante.
C’era anche chi era serafico e sembrava infischiarsene altamente della morte.
☆GLI ALBERELLI FUMANTI
Nel frattempo papà, come tutti gli anni passati e a venire, si apprestava ad accendere davanti alla tomba di famiglia un numero consistente di ceri…alti e grossi.
Una volta accesi, essi sarebbero sembrati alberelli fumanti.
Ma, prima di fare tutto questo, egli doveva scrostare i residui di cera dell’anno prima…che erano diventati un tutt’uno con la parte di marmo sottostante alla lapide vera e propria.
Ed ecco che risultava provvidenziale la presenza di un galantuomo due tombe più in là.
Questi, ormai, non si stupiva più di vedere mio padre avanzare sorridente verso di lui: sapeva cosa significava quel sorriso…e gli porgeva dunque, con un sguardo simpaticamente complice, un coltello abbastanza affilato. Dopo quel dialogo muto, mio padre ce la metteva tutta, in ginocchio, per scrostare i vecchi ceri…sotto lo sguardo di disapprovazione della mamma, che aveva pienamente ragione ad assumere quel cipiglio: i pantaloni di papà, rigorosamente nuovi come tutto il nostro vestiario del 2 novembre, si sarebbero logorati immediatamente, in quel contesto da #lavorincorso.
Gli inusuali alberelli fumanti, intanto, ammorbavano l’aria di cera bruciata… crepitando, forse, una preghiera.
In quella finestra di spazio/tempo quasi al di fuori dalla realtà, Il coltello era frattanto tornato al suo proprietario e un cuscino di fiori riposava già (anche lui) sulla nostra tomba di famiglia.
Lo zio Peppino continuava imperterrito a firmare documenti e tutti gli altri trapassati sembravano guardarci grati, perché ci eravamo ricordati di loro…anche di quelli meno espansivi ed empatici.
Non poteva essere altrimenti…perchè, secondo me, loro non avevano fatto altro, per tutto quel tempo che li separava dalla loro festa, che aspettarci.
Perchè…sia chiaro:
per essere morti, erano morti… ma mica incapaci di intendere e desiderare! Conoscevano infatti le buone creanze e, anche se li affumavamo ogni anno con quel maxi barbecue di ceri… dentro di sè, dentro quello che restava di ognuno di loro, cioè nel profondo della loro anima, erano felici…ecco.
☆SALUTI & AMORE
Alla fine della visita, che era stata quasi alla stregua di un soggiorno senza pernottamento, li salutavamo tutti con un cenno della mano…mentre l’angelo di marmo, il bellissimo custode della tomba…quello che guardava perennemente oltre il cielo, sembrava che a tratti sorridesse,
pur nella sua contrita costernazione ultraterrena.
E, allato a lui (alla sua destra e alla sua sinistra), i due busti del Cristo incoronato di spine…quello di destra con la lettera alfa dipinta in petto, quell’altro a sinistra con l’omega,
ci indicavano, trasudando autentico amore, che il cammino di una vita è tutto lì: tra l’alfa e l’omega…o meglio, in quello che ci metti in mezzo.
Prima di andarcene, all’incirca verso il decimo tentativo,
io mi volgevo verso tutti, urbi et orbi: morti, vivi, angeli, Cristi, ceri fumanti, cuscini di crisantemi, vicini di tomba, innaffiatoi colorati…e davo loro l’arrivederci alla prossima.
☆CHISSÉMU!!!
Il sole ancora non mollava la presa: sembrava voler dare tutto sè stesso per celebrare la vita a dispetto della morte.
Volgeva così al termine quella variopinta parata di fiori, fiammelle, lumini, ceri, vestiti buoni, bambole, pistole finte, famiglie schierate.
In definitiva, il 2 novembre, a mio avviso, altro non era che la grande prova generale del Natale, con la prima mega- adunata familiare… seppure velata di sottile mestizia.
Ognuno tornava a casa: i bimbi avevano i piedi in ambasce, integri sì ma stracotti;
i vecchi invece scuotevano il capo rassegnati: “Chissèmu!” – bisbigliavano tra sè… cosa siamo!
Già…cosa siamo! Ricordiamocelo, please…per tutte le volte in cui avremo ancora e ancora l’insopprimibile tentazione di continuare a distruggere il nostro mondo e la natura che lo tiene in vita. Vita, eh?
Ho detto VITA!
Mary Pullara
#ilduedinovembregiornodeimorti
#tiraccontounastoria

Questi sono i nostri tempi…
tempi di AI, di smartphone, di diete sane,
di serie TV da consumare voracemente…
di happy hour.
E sono ANCHE tempi di guerra.
Di bimbi che fuggono, quando non muoiono, verso un Nonsodove a tinte fosche…
Bimbi che tra le lacrime perdono lo sguardo da bimbi, per diventare la maschera di dolore che forse la vita futura, anche la più benevolente, non riuscirà a togliere loro.
#GazaChildren
#definiscibambino
#bimbidigaza
#stopwar
There is always another beach…
a new beach, remember that.
But let it not be the last!
***
C’è sempre un’altra spiaggia…
una nuova spiaggia, ricordalo.
Ma che non sia l’ultima!
Mary Pullara
#anotherbeach

E mentre ti lambicchi il cervello…la vita è quella che ti cammina accanto, pronta a seguirti nelle tue avventure ma anche (spero non ce ne siano) disavventure.
La compagna indispensabile per la vita è la vita stessa.
Avvitati…fai mille giravolte ma nessun salto mortale, se puoi.
Concediti due passi di flamenco, una camminata sulle punte…e poi marcia accanto a lei, come un bravo soldatino.
Non ti deluderà, vedrai.
La vita sa essere un severo generale, un integerrimo precettore, una esperto alpinista capo-cordata…una mamma, una nonna, un papà…il migliore amico.
Può essere dolce come un cannolo siciliano e dura come torrone… quello di una volta.
Ma tu comunque camminale accanto, sempre…mantenendo il tuo status di libertà e non facendoti condizionare dagli eventi.
Vuoi pace? Sii pace
Vuoi amore? Sii amore
Vuoi sincerità, bellezza, qualità?
Sii tutto quello che chiedi.
È la vita…ma è anche molto, molto di più:
sei tu.
Mary Pullara
#lavitaticamminaccanto

VERTICALITÀ INTERIORE
La verticalità interiore è un concetto profondo e poco usato nel linguaggio quotidiano, ma estremamente potente.
CHE COS’È?
È la capacità di restare radicati nei propri valori, connessi alla parte più profonda di sé e orientati verso l’alto, non in senso spiritualmente astratto, ma privilegiando una dimensione di autenticità, coerenza, visione, dignità.
VERTICALE È CHI:
-Non si appiattisce sul chiacchiericcio e il consenso facile
-Non cede al bisogno di appartenere a qualunque costo
-Non si vergogna della propria profondità
-Resta fedele a sé stesso anche quando è difficile
-Guarda dentro e guarda oltre
-Si contrappone nei pensieri e nelle azioni all’orizzontalità banale.
~~~
In molte situazioni sociali domina l’orizzontalità sterile, che si esplica in taluni atteggiamenti:
-Apparire invece che essere
-Adeguarsi invece che scegliere
-Parlare invece che ascoltare
-Unirsi per paura, non per affinità.
Chi ha verticalità interiore non si adatta al basso livello solo per “stare nel gruppo”.
Non scende: resta in piedi, anche se resta da solo.
Questo è il mio consiglio dunque: rimani verticale.
Le prime margherite di primavera…
sono anche le ultime.
Scosse e smosse
dalla brezza marina
offrono a sole e mare
la loro testolina
giallo-decorata…
che in breve tempo
si ritrova spogliata
di petali e personalità.
Cos’è infatti una
margherita
senza quella chioma là?
“Sei bella ugualmente Marghe,
sono sincera.
Dai…ci si rivede
alla prossima primavera!”
Mary Pullara
#allaprossimaprimavera
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